Oggi voglio parlare di ospedali e di interventi chirurgici…

Sai che spesso ti racconto quello che mi succede o che noto tra amici e conoscenti, per riflettere insieme, trarre insegnamenti utili e non fare gli stessi sbagli, questo è proprio un caso così, basato sull’esperienza di un amico e di suo padre ultraottantenne ma in ottima forma.

Quest’uomo ha cominciato ad avere qualche piccolo disturbo, ha lasciato passare alcuni mesi prima di andare dal medico e quando finalmente ha fatto l’esame diagnostico adatto ha scoperto di avere un piccolo tumore.

Indirizzato da un conoscente che aveva appena vissuto un’esperienza simile si è recato dal chirurgo “luminare” della nostra zona per quel tipo di tumori, e fin qui tutto bene.

Visita dello specialista e prescrizione di ulteriori esami per  stabilire l’entità del problema e già messo in lista d’attesa per un intervento.

Intervento che è avvenuto solo poche settimane dopo i primi esami diagnostici, quindi ottima tempistica ma l’asino è cascato sulla comunicazione tra medico, paziente e familiari.

Nei giorni scorsi c’è stato l’intervento ma né il paziente, né il mio amico né gli altri parenti stretti sapevano nulla dell’entità di questo intervento, dei rischi e delle possibili conseguenze o alternative. Loro non hanno insistito a chiedere per paura di “scocciare” gli operatori,  ma il medico non li ha minimamente informati, anzi non li ha neppure incontrati o contattati in alcun modo, né loro né il papà.

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La mattina dell’intervento il mio amico ha salutato il padre prima dell’intervento senza sapere neppure la durata ipotizzata…

Il consenso informato pare sia stato portato al papà ultraottantenne la sera precedente da un altro medico del reparto e facilmente liquidato in mezzo ad altre chiacchiere, senza alcuna spiegazione tecnica comprensibile per quella persona.

Io trovo questa cosa gravissima e lo dico non solo da paziente ma anche da operatore sanitario, forse non sai che ho una laurea in scienze infermieristiche anche se ormai sono alcuni anni che non esercito più proprio perché non mi piace per niente come va la Sanità in Italia, di lavorare in questo modo non me la sentivo più!

Ti ho raccontato cosa NON dovrebbe mai fare un medico professionale, ora ti racconto cosa deve sempre fare un medico coscienzioso e che non voglia rischiare di beccarsi una bella denuncia…

Prima di tutto c’è da dire che il consenso informato deve essere appunto “informato”, comprensibile per il paziente in relazione al livello culturale e alle capacità di comprensione e deve comprendere:

1. diagnosi, prognosi, prospettive terapeutiche e possibili conseguenze dell’intervento

2. modalità e rischi dell’intervento

3. esperienze e casistica dell’unità chirurgica

4. rischi e benefici della terapia proposta

5. casistica e opinioni citati in letteratura medica sulla modalità terapeutica proposta

6. tecniche e/o terapie alternative

Ma non è finita qui, il paziente deve essere informato del fatto che il consenso dato può essere da lui revocato in qualsiasi momento e che se gli vengono altri dubbi può chiedere in ogni momento (e deve ottenere) ulteriori informazioni.

Ed è recente una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19220 del 20 agosto 2013, che ricorda ancora una volta che non basta la firma sul modulo del Consenso Informato se non c’è un rapporto personale con il malato in procinto di subire un intervento chirurgico per offrire tutte le informazioni che ho elencato sopra.

Aggiungo un’ultima nota professionale: anche se siamo sempre indotti a pensare di essere noi che “rompiamo” con le nostre domande a medici e infermieri questo non è vero, chiedete sempre e non fermatevi davanti ai paletti messi apposta per scoraggiare, chiedendo informazioni puntuali e precise si esercita solo un sacrosanto diritto e sono i “professionisti” che non vogliono darle a mancare ad un loro preciso dovere deontologico oltre a violare le leggi in vigore.

Purtroppo è un malcostume tutto italiano, chi ha avuto a che fare con medici e ospedali nel resto d’Europa potrà confermarvi che negli altri paesi anche il luminare più importante si reca personalmente al letto del paziente per spiegare tutto e rispondere a tutte le domande: senza farsi attendere, senza sbuffare e senza trattare il malato come un deficiente.